Le paure dei bambini: come si manifestano e come gestirle insieme
Ma quali possono essere le paure di un bambino?
Le paure dei bambini sono potenzialmente infinite e dipendono in larga misura dalla storia individuale: esistono tuttavia una serie di paure che possono essere considerate tipiche dell'età evolutiva: quella della separazione, del buio, della morte, dell'abbandono, dei serpenti, dei fantasmi, dei mostri, del dottore,(Puggelli, 2006) .
Le classiche paure del bambino: qualche esempio
Avere delle paure è del tutto comune ed è parte integrante dello sviluppo del bambino. Infatti in moltissimi casi le paure non sono causata da traumi o da un’ errata educazione ma sono parte di una fase normale e naturale della crescita
E’ comunque importante ricordare che le paure dei bambini si ridimensionano se vengono manifestate apertamentesenza essere nascoste o temute in quanto potrebbero acutizzarsi e diventare poi un disagio.
PRIMO ANNO DI VITA
La tipica paura dei bambini intorno al primo anno di vita è sicuramente quella dell’estraneo. Questa emerge tra i 9 e 12 mesi, in un periodo in cui il bambino inizia a differenziarsi dall’altro, riesce a distinguere le figure parentali (figure di attaccamento primario) o quelle di riferimento rispetto agli sconosciuti (figure di attaccamento secondarie)
Come si manifesta la paura nel bambino intorno all' anno?
Questa paura si manifesta in diversi modi: abbassando gli occhi, attaccandosi fisicamente al genitore, nascondendosi, con pianti, con silenzi, tutto dipende dall’ indole del bambino e dalla sua abitudine nell’incontrare volti nuovi o dalla fatica nel socializzare. In questi momenti è importante che il genitore non obblighi il bambino ad interagire con lo sconosciuto ma è preferibile che gli stia vicino, che accolga la sua paura e che si rivolga a lui in maniera pacata, calma e serena. In questo modo il bambino imparerà ad affrontare le sue prime paure in maniera adeguata e a non fuggire.
Lo studioso John Bowlby (psicologo, medico e psicoanalista britannico) che ha elaborato la teoria dell'attaccamento, interessandosi in particolare agli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all'interno della famiglia ci ricorda come in questa fase critica il bambino abbia bisogno di trovare nei loro genitori una base sicura, cioè la sensazione di sentirsi protetto per potere acquisire fiducia in se stesso verso gli altri e verso il mondo (Bowlby, 1989).
Nei momenti di paura è importante che il bambino senta la vicinanza dei genitori, quando è in preda a questo tipo di emozione il sentirsi protetto fisicamente in un abbraccio è una sensazione piacevole che lo accompagnerà anche da adulto.
Ecco perché quando le parole non bastano il linguaggio del corpo diventa più importante che mai e così il calore, la sicurezza, il sostegno e l’appoggio diventano strumenti essenziali per affrontare le paure dei bambini.
Per Bowlby prendere in braccio il proprio piccolo che piange è la risposta più adeguata, da parte della madre di fronte un segnale di disagio del bambino.
Tra il primo e il secondo anno di vita la principale paura dei bambini è quella legata alla separazione dai genitori e ad una loro possibile perdita. Quando il bambino avrà avuto modo di abituarsi alla minaccia della solitudine ecco che dalla sua mente scaturiscono nuovi pericoli e nuove paure.
L’angoscia di separazione, normale fase di sviluppo sia intellettivo che sociale, si manifesta perché il bambino, non avendo ancora acquisito ed introiettato la costanza dell’oggetto, non riesce a realizzare che se la figura di accudimento si allontana non sparisce ma ritorna. Questa assenza, anche se breve, provoca una forte angoscia nel bambino, che fatica a tollerare la frustrazione e mostra questa emozione con un pianto quasi inconsolabile, accompagnato da una nota di collera. In questi momenti sarebbe utile evitare, per esempio, quelle frasi killer che caricano eccessivamente il bambino di responsabilità: “dai, non fare il bimbo piccolo!” oppure “che vergogna a questa età, ormai sei grande, devi comportarti da ometto (o signorina)”. Questi enunciati possono creare ansia e dar luogo a paure ed insicurezze (Crotti, Magni 2002)
Secondo Bowlby e i vari studiosi dell’attaccamento, è importante costruire una base sicura per affrontare al meglio le paure del piccolo. Mamma e papà rappresentano un ruolo importante in questa fase, perché attraverso il loro atteggiamento e comportamento possono trasmettere al bambino quella fiducia e quella sicurezza di cui necessita per affrontare il distacco e la separazione.
Altre paure dei bambini emergono nell' ambiente circostante o sono legate alla cultura di appartenenza come ad esempio, la paura per i temporali, dei lupi, dei ladri, del fuoco etc.
Anche ii mass media hanno un ruolo nella trasmissione delle Paure:
i mezzi di comunicazione come radio o televisione, sono onnipresenti e accessibili anche ai bambini che ancora non sanno leggere la realtà. Nei notiziari, ad esempio, vengono riportati fatti di cronaca, spesso violenti, che confondono i bambini privi di cognizione spaziale e li impauriscono perché si sentono minacciati e in pericolo ( Preuschoff, 1995).
Nella fruizione di contenuti forti, è fondamentale che i piccoli siano sempre affiancati dai genitori o da un adulto che aiuti la loro visione e ne faciliti la comprensione ( F.R. Puggelli, 2006).
Per meglio affrontare le paure dei bambini, è importante fare molta attenzione ai messaggi che il bambino lancia, specie a quelli non verbali, cioè non espressi con parole: gesti, capricci, sintomi come l’insonnia o l’enuresi, i pianti prolungati o i piagnucolii, il dito i bocca, scarabocchi e i disegni (Crotti e Magni, 2002).
SECONDO E TERZO ANNO DI VITA
In questa fase i bambini hanno bisogno di essere aiutati ad affrontare altri tipi di paure, ansie o preoccupazioni. In questo periodo, molti bambini manifestano la paura del buio, può accadere che siano convinti che ci siano mostri in agguato negli armadi, sotto al letto o dietro le scale, a questa età oggetti e persone possono assumere improvvisamente l’aspetto di un mostro, i contorni dell’ombra possono dar luogo ad un volto lugubre (M.Sunderland 2004). Vivono il buio come assenza di punti di riferimento, paura per quello che è ignoto o sconosciuto.
Una bimba di venti mesi si trovò a strillare dallo spavento per aver visto una scarpa con la suola mezza staccata, quindici mesi dopo fu in grado di riferire alla madre con una voce tremolante: “Dove sono le tue scarpe rotte, mamma?”. Quest’ ultima rispose di averle buttate via al chè la bimba commentò: “Per fortuna! Avrebbero potuto mangiarmi da un momento all’altro” (Segal,1985, p.34)
Spesso, nasce così, la continua richiesta dei bambini di dormire assieme ai genitori. Buio come perdita di orientamento in quanto tutto appare diverso e il piccolo si sente solo e indifeso. In questa fase se un bambino si sente deriso la sua paura rimarrà o si acutizzerà anche se forse non oserà più parlarne. Spettri e mostri potrebbero rappresentare cattivi sentimenti del bambino. Talvolta quando provano rabbia o collera mascherano queste emozioni sotto altre forme di pericolo, è come se prendessero in prestito un oggetto o simbolo della quotidianità e facessero convergere in questi, le loro inquitanti sensazioni ed emozioni confuse, quindi, riconoscere, nominare, rappresentare una paura è dunque il risultato di un’ elaborazione di ciò che provano ( Argentieri e Carrano ,1994)